Covid-19 e rifiuti: cosa fare dei DPI monouso una volta dismessi

Cerchiamo di capire quale sia la corretta gestione dei rifiuti costituiti da dispositivi di protezione individuale (DPI), non riconducibili ad attività di sanificazione vera e propria, né utilizzati da soggetti
COVID positivi, ma derivanti dall’ordinaria attività produttiva ed utilizzate per porre in essere le necessarie misure di protezione dei lavoratori e degli ambienti di lavoro.

Il primo e fondamentale aspetto è quello di considerare potenzialmente contaminati i DPI monouso dismessi e quindi non avviarli a raccolta differenziata, ciò al fine di limitare la manipolazione di tali rifiuti e quindi minimizzare l’esposizione potenziale al virus degli addetti alla gestione rifiuti.

La Regione Lombardia, con propria nota del 13 marzo (Emergenza virus Covid-19 – Indicazioni ai Comuni per la gestione dei rifiuti urbani) ha disposto chiaramente che i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) utilizzati all’interno di attività economiche per la tutela da COVID-19, quali mascherine e guanti, devono essere assimilati agli urbani ed in particolare devono essere conferiti al gestore del servizio nella frazione di rifiuti indifferenziati in coerenza con le indicazioni dell’Istituto Superiore della Sanità.

Si veda il Rapporto ISS COVID-19 n. 3/2020 Gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus Sars-Cov-2 del 14 marzo 2020.

L’opzione ritenuta inizialmente più cautelativa per le aziende di assegnare ai DPI monouso dismessi (mascherine, guanti, camici), il codice CER 180103*, relativo a un rifiuto a rischio infettivo prodotto al di fuori di una struttura sanitaria, è stata quindi abbandonata.

Anche Confindustria nel Proposition Paper “Gestione dei rifiuti rappresentati dai DPI durante l’emergenza COVID-19” del 16 marzo 2020 sostiene il conferimento di tali rifiuti nella frazione urbana indifferenziata come la soluzione più adeguata in grado di garantire una corretta gestione di questi materiali, tramite l’avvio a operazioni di smaltimento, in considerazione del:

  • protrarsi della situazione emergenziale
  • del quantitativo sempre crescente di tali rifiuti
  • delle relative difficoltà delle imprese a trovare operatori in grado di gestire rifiuti speciali pericolosi.

Un problema potrebbe essere per quelle aziende che non usufruiscono del servizio pubblico di raccolta dell’indifferenziato, in questo caso sarà necessario attribuire un codice CER al rifiuto, Confindustria consiglia l’attribuzione di un codice della famiglia dei 20 “Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata”, ritenendo appropriato, più in dettaglio, il 20 03 01 ”Rifiuti urbani non differenziati”.

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