Impianto di messa a terra: un requisito strutturale da non trascurare

L’impianto di messa a terra è la parte dell’impianto elettrico deputata a evitare che una persona possa rimanere folgorata a causa di un guasto dell’impianto stesso.

L’impianto di terra è costituito dai dispersori (picchetti), dai conduttori di protezione (cavi giallo-verdi che si trovano nelle prese di corrente) e dal differenziale (o salvavita).

L’insieme di questi tre elementi, la loro manutenzione e il controllo periodico, costituiscono la protezione silente della persona. Senza di essi, un banale guasto può essere causa di infortunio di una persona che, accidentalmente, viene a contatto con una parte metallica dell’impianto (in tensione).

La verifica di messa a terra è eseguita ai sensi del DPR 462/2001 ed è l’attuazione del dovere del Datore di Lavoro di protezione dei suoi subordinati, in questo caso dai rischi di folgorazione diretta e indiretta.

Il DPR 462/01 è il Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi.

In cosa consiste la verifica di messa a terra?

La verifica consiste in:

  • analisi documentale (progetti, conformità, precedenti verifiche);
  • misurazione della resistenza di terra;
  • prova a campione degli interruttori differenziali, per coprire l’intero albero dell’azienda;
  • prova a campione della continuità della messa a terra.

Periodicità della verifica

Il DPR 462/2001 chiede che la verifica sia svolta con una periodicità di 5 anni per luoghi ordinari, mentre con una periodicità pari a 2 anni per luoghi a maggior rischio in caso di incendio (MARCI) (art.4 c.1).

I luoghi MARCI sono identificati dalla norma CEI 64-8, capitolo 751.

Di seguito si riporta un breve sunto:

  • Sono marci:
    • 03.02 elevato affollamento / luoghi non conosciuti / non autonomia nel muoversi;
    • 03.03 edifici in legno;
    • 03.04 ambienti con C.I. > 450 MJ/mq.

In generale, in assenza di valutazioni eseguite nel rispetto di quanto indicato in 751.03.1.1 della norma CEI 64-8, gli ambienti dove si svolgono le attività elencate nel DPR 151/2011 sono considerati ambienti a maggior rischio in caso di incendio.


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